Bessa

Conoscere la Bessa
Un aspetto lunare, con cumuli di grandi
dimensioni accostati come dune di un deserto, costruiti con sassi di
varia grandezza. Tra un cumulo e l'altro, cortine di piante e cespugli
spesso impenetrabili. Questa è, in sintesi, l'impressione non certo
accattivante che si prova entrando per
la prima volta all'interno
della Riserva naturale speciale della Bessa, istituita nel 1985. Ma il
fascino della Bessa è certamente nella sua storia, più che nel suo
aspetto attuale.
Una cosa ormai è certa. Tutto questo grande
territorio, quasi dieci chilometri quadrati, è stato interamente
modificato, nel suo aspetto, dal lavoro di migliaia di uomini.
Erano
questi gli Ictimuli - o Vittimuli - che oltre duemila anni fa abitavano
buona parte del Biellese. Guidati e sfruttati dai Romani tra il II e il I
secolo a.C. trasformarono la Bessa in una delle più grandi miniere
d'oro a cielo aperto del mondo. Di questo immane lavoro rimane traccia
nei cumuli, edificati ammucchiando Ie pietre scartate durante lo scavo. I
ritrovamenti archeologici confermano la tesi storica, ma sono ancora
necessarie altre ricerche per meglio conoscere le tecniche e le fasi
dello sfruttamento aurifero. Gli oltre venti secoli passati fino ad oggi
hanno visto la natura riappropriarsi di buona parte del terreno, con
una maggiore colonizzazione arborea nelle fasce marginali. Questo
aspetto storicamente negativo è però bilanciato dalla valenza
naturalistica: una flora e una fauna tipiche, spesso esclusive, che
hanno trovato nella Bessa l'habitat ideale.
Ben più grave è stato
I'attacco al patrimonio archeologico e ambientale portato in questi
ultimi decenni da una non controllata attività di cava per sabbia e
ghiaia, che trovava profitto nello sfruttamento del materiale fine già
selezionato duemila anni prima.
Si apre ora un nuovo capitolo per la
Bessa, quello della conoscenza. Altri studi e ricerche dovranno portare
ulteriori contributi ma contemporaneamente si avvicinerà la Bessa alla
conoscenza di tutti con I 'apertura di percorsi controllati.
In questo modo si potrà capire e salvaguardare un patrimonio unico al mondo.
La Storia
I
primi riferimenti storici risalgono a Strabone (64/63 a.C. - 21 d.C.)
ed a Plinio il Vecchio (23 d.C.-79 d.C.) i quali parlano delle
"aurifodinae", cioè delle miniere d'oro che i Romani coltivavano tempo
addietro nell'Agro Vercellese, presso un popolo chiamato "ictimulo". I
reperti archeologici sembrano confermare che lo sfruttamento aurifero si
svolse per circa un secolo tra la fine del II ed il I secolo a.C. In
questo immenso lavoro vennero impegnati contemporaneamente migliaia di
uomini. L'esaurirsi del giacimento e I'apertura di nuove miniere, che i
Romani avevano scoperto nei paesi transalpini, determinò la fine del
periodo aureo della Bessa. Il silenzio dei secoli calato su questa landa
biellese non giovò certo alla sua corretta conoscenza storica e
malgrado il notevole interesse di molti studiosi dal 1700 in poi,
occorrerà arrivare ai nostri tempi per avere le prime certezze, e questo
principalmente a causa della mancanza di una sistematica ricerca.
L'attenzione dimostrata dalla Regione Piemonte porta nel 1985 alla
istituzione della Riserva naturale speciale e quindi alla prima azione
di tutela. Nello stesso anno, nella copiosa letteratura sulla Bessa si
inserisce una pubblicazione curata da Giacomo Calleri, che consente di
fare il punto sugli aspetti storici ed archeologici a cui fa seguito nel
1996 uno studio di Franco Gianotti sulla geologia. Una prospezione
totale del territorio, volta alla localizzazione delle evidenze
archeologiche della Riserva è in corso dal 1997.
L'aspetto acheologico
In
attesa, come detto, che accurati studi possano o meno confermare le
tesi suggerite, vorremmo con queste note aiutare il visitatore a
"leggere" quanto appare ai suoi occhi, allorchè si inoltri tra i cumuli.
Ognuno di essi è in pratica una vera e propria costruzione, realizzata
con i ciottoli scartati e ammucchiati durante lo scavo. In alcune zone
raggiungono i 10 metri di altezza e con ampiezze variabili, da poche
decine a centinaia di metri.
Il materiale sabbioso più fine,
contenente l'oro, veniva incanalato nei profondi fossati che, ormai
ripopolati dalla vegetazione, oggi si vedono tra un cumulo e l'altro. In
questi canali, probabilmente rivestiti in legno, e nei quali scorreva
l'acqua derivata dal torrente Viona, avveniva il lavaggio delle sabbie e
delle ghiaie e veniva separato l'oro, presente sottoforma di pagliuzze e
piccole pepite. Il residuo sterile era convogliato verso il basso e
scaricato in direzione dei torrenti Elvo ed Olobbia.
Sui cumuli sono
visibili molte strade, che recano evidenti segni del passaggio di carri o
di grosse slitte, che molto probabilmente servirono alla costruzione
dei cumuli stessi. Sono inoltre evidenti alcuni muri perimetrali di
piccole capanne, in parte scavate nei cumuli, che testimoniano la
presenza di povere abitazioni o ripari temporanei, con coperture
vegetali che, probabilmente, venivano realizzate in prossimità delle
zone di lavoro. All'interno di alcune di esse sono state ritrovate
monete, resti di ceramiche, lucerne ed altro materiale in parte
conservato presso il Museo Civico di Biella. Altre strade e muri di
contenimento sono opere più recenti, dovute ai contadini del luogo, che
sfruttavano i pochi spazi coltivabili.
L'aspetto naturalistico
Le
caratteristiche della Bessa ne fanno un territorio del tutto
particolare dal punto di vista geologico, floristico e faunistico. Il
grande ghiacciaio balteo, proveniente dalla Valle d'Aosta, che nel
periodo Quaternario ha originato la morena della Serra, di cui la Bessa
fa parte, ha trasportato sin qui un vero campionario di rocce, tra le
quali, ovviamente, le pagliuzze d'oro, provenienti dalle Alpi Pennine.
Si trovano rocce granitiche, gneiss, micascisti, eclogiti e dioriti, che
i cumuli evidenziano quasi fosse una mostra campionaria.
L'accumularsi
alla base delle pietraie di materiale fine ed organico ha dato origine
ad una progressiva colonizzazione vegetale.
Prima compaiono i
licheni ed i muschi, poi le felci, le eriche ed altri arbusti. Tra le
specie arboree, predominano le querce, ma non mancano ciliegi, betulle,
frassini, robinie, castagni e noccioli. A primavera, forse la stagione
ideale per una visita alla Bessa, la fioritura dei ciliegi si accompagna
al profumo dei pruneti, mentre il biancospino, il ciclamino e la rosa
canina danno un suggestivo tocco di colore. Tipico è il fiammeggiante
giglio di San Giovanni mentre rara è la Pulsatilla montana e la
Stellaria bulbosa.
Anche la vita animale, forse meno evidente, trova
qui un habitat ideale per molte specie. Tra gli insetti, bruchi e
farfalle animano l'estate; sono presenti in gran numero i roditori,
mentre lepri e volpi sono ben rappresentati, ma si vedono raramente. Tra
i rettili, sono presenti la vipera, il biacco e il colubro di
Esculapio. Tra gli uccelli, oltre all' avifauna abituale dei boschi
biellesi, è da segnalare una rilevante presenza di allocchi e
barbagianni.
Testi a cura di Atl Biella www.atl.biella.it
Fotografie: Fabrizio Lava